filosofo del '900
Guida, Napoli, 1934, pp. X-125
Soggetto fisico
Un
altro aspetto fenomenologico della conoscenza scientifica, quale
appare nella nuova fisica, può essere ora esplicato: la natura di
quel soggetto alle cui operazioni di misura e di controllo si riporta
l'intero significato di qualunque entità fisica. La teoria della
relatività è nata appunto dalla riconosciuta impossibilità di parlare
di un qualsiasi oggetto, se si prescinda da un soggetto munito di
mezzi appropriati per controllarlo e misurarlo; e la teoria quantica,
col principio di indeterminazione, rappresenta un passo ancora più
in avanti sulla stessa via, in quanto riconosce l'azione perturbatrice
del soggetto sull'oggetto nell'atto stesso dell'osservazione.
Ora, qual è l'essenza di quel soggetto la cui considerazione è necessaria
alla conoscenza scientifica? Bisogna ancora una volta riportarci,
per rispondere a questa domanda, a quel criterio che abbiamo stabilito
in principio (§ 1 dell'Introduzione) come guida della nostra ricerca;
e cioè che ogni soggetto (od oggetto) vale come ta1e unicamente
in rapporto alla costituzione sistematica della determinazione fenomenologica
di cui forma uno dei poli. E' evidente, in virtù di tale criterio,
che il soggetto fisico è momento integrante di ogni sistema fisico;
e, nella unità totale di tale sistema, è esso stesso un sistema:
il sistema dei mezzi di osservazione di misura e di controllo che
valgono a determinare un certo stato obiettivo. E' evidente altresì
che in nessun modo il soggetto fisico può essere confuso col soggetto
psicologico; e cioè con l'io che è il polo subbiettivo dell'organizzazione
del soggetto empirico come tale; e quindi neppure col soggetto empirico.
Questo è il soggetto di ciò che abbiamo chiamato esperienza comune
o modo del senso comune (§ 4); è uno dei poli di quella organizzazione
provvisoria e imperfetta e perciò dotata di inferiore validità,
che costituisce la trama della vita di ogni giorno. Ma per quella
possibilità, che è inerente al principio trascendentale il quale
anche in quella organizzazione (sia pure imperfettamente) si manifesta,
e per la quale ogni sistema può risolversi e ricomporsi in altri
sistemi, il soggetto empirico (o, per intenderci, l'uomo) può a
sua volta costituirsi in una organizzazione conoscitiva la cui polarità
obbiettiva è costituita dal contenuto della coscienza (rappresentazioni,
sentimenti, etc.), e la cui polarità subbiettiva è invece costituita
dall'anima o io (spiritualità, attività, etc.).
E' pertanto chiaro, in base a questa semplice esplicitazione del
significato fenomenologico del soggetto empirico e dell'io, che
né l'uno né l'altro hanno a che fare col soggetto fisico; e che
perciò né la teoria della relatività né quella quantica implicano
o possono implicare alcuna forma di relativismo o di soggettivismo:
che significherebbero condizionalità dell'oggetto fisico da parte
di un soggetto empirico o psicologico, ed implicherebbero quindi
una grave confusione ed una deroga inammissibile dal criterio su
esposto.
Tuttavia, poiché la scienza vale come organizzazione sistematica
dell'esperienza comune (§ 4), il soggetto fisico è legato al soggetto
empirico da quella stessa continuità che lega la conoscenza scientifica
a quella comune. Tale continuità è maggiore di quella intercedente
tra due altre qualsiasi determinazioni fenomenologiche perché la
scienza è il costituirsi a sistema della tota1ità del mondo di esperienza
comune, e non già di questo o quello elemento di esso. Nell'atto
della sua costituzione a soggetto fisico il soggetto empirico si
spoglia della incoerente molteplicità di determinazioni accidentali,
che esso riveste come soggetto della conoscenza comune per assumere
l'organizzazione rigorosa di un sistema ordinato di metodi di osservazione
di indagine e di controllo.
Questa trasformazione o costituzione attua un piano il cui ordine
è determinato da un principio di unità; tale principio è la giustificazione
di quel piano, e perciò la radice logica della essenza del soggetto
fisico, in quanto polo funzionale del sistema della conoscenza scientifica.
Il rapporto di indeterminazione
La
stretta connessione del soggetto fisico con l'oggetto nella organizzazione
sistematica nella, quale entrambi si costituiscono costituendola,
determina la relazione di indeterminazione. L'unità di soggetto
o oggetto è, in quella organizzazione, l'unità di una interazione
dinamica; i due poli di essa nell'atto di separarsi si determinano
correlativamente, il soggetto come soggetto di quell'oggetto, l'oggetto
come oggetto di quel soggetto. Allora, l'atto con cui il soggetto,
mediante una nuova osservazione, si determina come un certo soggetto,
è ipso facto una determinazione nuova dell'oggetto come correlativo
a questo soggetto. Tale determinazione nuova è, certamente, indeterminata
rispetto alla determinazione dell'oggetto nel precedente stato del
sistema; giacché è frutto di un nuovo atto costitutivo, che di fronte
a un soggetto operante in un certo modo, ha fatto sorgere un oggetto
correlativamente organizzato.
Il principio di indeterminazione è il risultato necessario della
connessione dinamica tra soggetto e oggetto. Se questi due termini
in cui si separa, interiormente, ogni atto di conoscenza, potessero
comportarsi come due entità rigide, definite una volta per tutte,
quel principio sarebbe inconcepibile. Ma soggetto e oggetto devono
apparire invece come i due poli intorno ai quali. si organizza la
conoscenza; e l'atto in cui questa organizzazione si concreta e
si attua è l'osservazione. Se oggetto e soggetto fossero, nella
realtà che loro compete, anteriori e indipendenti all'atto conoscitivo,
il principio di indeterminazione sarebbe assurdo: impossibile difatti
sarebbe che l'atto della conoscenza portasse una modificazione qualunque
alla loro già, per ipotesi, costituita realtà. Ma appunto perché
l'atto del conoscere è l'atto del loro costituirsi, ogni nuovo atto
è un loro ricostituirsi secondo un piano nel quale entrambi vengono
a trovarsi modificati. Se fosse possibile eliminare questa loro
organizzazione correlativa, estendere gradualmente il dominio dell'oggetto
fino a includere in esso quello del soggetto, cioè comprendere nel
sistema osservato anche il sistema osservante, e infine tutto l'universo,
l'indeterminazione sparirebbe; ma, come nota Heisemberg, sparirebbe
anche la fisica e non rimarrebbe che uno schema matematico. La divisione
dell'universo in sistema di osservazione e sistema osservato si
oppone a che la legge della causalità sia formulata rigorosamente.
Una fisica, dunque, è possibile, in quanto c'è l'osservazione; e
l'osservazione implica sempre la separazione e, nel contempo, la
correlazione funzionale tra soggetto e oggetto nel piano di un sistema
totale.
Bisogna ripetere a proposito della relazione tra soggetto e oggetto
ciò che gli scolastici dicevano dei rapporti tra le persone divine.
La relazione, essi dicevano, presuppone la distinzione dei termini
quando sopravviene a questi in via accidentale; ma, quando è di
per sé sussistente (come accade in Dio), non presuppone ma porta
seco la distinzione. Del pari, del rapporto tra soggetto e oggetto
si dirà che esso è di per sé sussistente perché sussiste nel pensiero
e per il pensiero: il quale, mentre separa quei due poli costituendoli
nello spazio-tempo, stabilisce tra di essi l'unità funzionale che
garantisce la loro organizzazione correlativa.
Determinismo e probabilità
Il
risultato immediato del riconoscimento del principio di indeterminazione
è la fine del determinismo nella scienza. Il determinismo era difatti
fondato sulla possibilità di previsione sicura degli eventi futuri;
e questa possibilità era a sua volta fondata sul fatto che l'evento
futuro veniva considerato come una realtà fisica indipendente da
ogni atto di osservazione. La fisica classica considerava lo sviluppo
nel tempo di un termine fisico come una pura funzione del tempo:
sicchè data la condizione dello stesso termine a ciascun istante
del tempo futuro. La fisica classica si proponeva quindi di prevedere
non il resultato di una certa osservazione, ma lo stato dell'oggetto:
considerate quale cosa in sé, determinata anticipatamente rispetto
ad ogni osservazione possibile. Da questo punto di vista il determinismo
era inevitabile: l'oggetto aveva per così dire una sua propria storia;
nel corso della quale ciascuno stato determinava i susseguenti,
com'era determinato dagli antecedenti. Una volta in possesso della
legge regolatrice della successione degli stati, la scienza era
in grado di fare le più sicure previsioni.
Nella fisica quantica le cose sono profondamente mutate. L'oggetto
di una particolare osservazione, il resultato di un esperimento,
lo stato che esso arriva a definire non ha una sua determinazione
e una sua storia indipendente ma si determina e costituisce unicamente
in virtù della osservazione. La fisica quantica, Perciò, non anticipa,
in forza di legge determinatrice, lo stato futuro dell'oggetto,
ma, considerando l'oggetto come determinato dall'osservazione e
riflettente il carattere contingente del suo atto costitutivo, mira
a stabilire il grado di probabilità proprio di ciascuno degli oggetti
ottenibili, cioè dei risultati possibili di una certa osservazione.
Ora la caratteristica di ogni considerazione di probabilità è che
essa non implica in nessun modo un legame determinante oggettivo;
essa è una maniera di trar partito dalla contingenza che nell'oggetto
fisico è un riflesso dell'osservazione costitutiva e di fondare
una previsione certa sulla stessa incertezza della previsione. Se
difatti è incerto il risultato di una osservazione, è certo il grado
di probabilità di ciascuno dei risultati possibili. Alla certezza
immediata della previsione deterministica, che si riferisce all'oggetto
fisico, si sostituisce la certezza riflessa, raggiunta attraverso
l'organizzazione logica della conoscenza scientifica ed inerente
alla graduazione comparativa di verisimiglianza degli oggetti (stati)
realizzabili.
Tale graduazione comparativa delle probabilità non si fonda, come
la previsione deterministica, sulla uniformità delle condizioni
oggettive, che ripetendosi identicamente dànno origine agli stessi
effetti; ma si fonda sull'unità della costituzione interna del sistema
che attraverso l'osservazione si determina; unità per la quale la
variazione degli stati resultanti oscilla entro i limiti definiti,
che rendono possibile la graduazione stessa.
Dissoluzione dell'uniformità' naturale. Concetto e condizione dell'ordine
Con
ciò un altro dei presupposti fondamentali della fisica classica
apparisce infranto; la cosidetta uniformità della natura o delle
sue leggi. Tale uniformità, postulata come fondamento dell'induzione
e di ogni considerazione causale della natura, se interpretata oggettivisticamente,
faceva pensare a un misterioso substratum di tutti i fenomeni; interpretata
soggettivisticamente conduceva a porre nel soggetto conoscente un
complesso di forme o di categorie immutabili, condizioni della uniformità
fenomenica (cioè dell'ordine naturale). Ma la dissoluzione del determiniamo
causale ha reso inutile il postulato dell'uniformità fenomenica,
e, correlativamente, anche le forme o categorie della gnoseologia
kantiana. L'ordine naturale non è altro, per la nuova scienza teoretica
della natura, che la struttura sistematica di ogni conoscenza fisica,
struttura dovuta, in ultima analisi, all'unità del principio trascendentale.
Ogni conoscenza fisica è il costituirsi di una organizzazione polarizzantesi
dualisticamente intorno al soggetto e all'oggetto: organizzazione
nella quale la separazione dei poli è elemento essenziale dell'unità
complessiva; la quale può quindi in infiniti modi atteggiarsi e
articolarsi a seconda degli infiniti modi di quella polarizzazione.
Ciò implica l'impossibilità di un ordine fisso e definitivo che
richieda un sostrato (nell'oggetto) o un quadro di categorie immutabili
(nel soggetto) e cioè richieda l'irrigidimento ontologico dell'oggetto
o del soggetto; e implica, invece, l'attuabilità di un numero illimitato
di ordini, di organizzazioni sistematiche, diverse tra loro, per
la diversa ma sempre correlativa costituzione di oggetto e soggetto.
Ciò che allora si richiede a giustificare un ordine di questo genere
non si può fissare in un quadro, non si può ontologizzare in un
qualunque termine, oggettivare o soggettivare in una qualunque realtà.
Si richiede un principio, e precisamente un principio di unità:
un'unità mobile viva, perfettamente fluida, inesauribile: l'unità
del pensiero.
Da: N. Abbagnano, La fisica nuova. Fondamenti di una nuova teoria della scienza Guida, Napoli, 1934.