Nicola Abbagnano

Problemi di sociologia

"Documenti e ricerche", Taylor Editore,Torino, 1959, pp. 210; 2a ed. ampl. 1967

Sociologia e storiografia

Se la sociologia può rivendicare la sua autonomia di fronte a quelle scienze naturali alle quali ha voluto strettamente legarsi nella sua fase meno recente, essa deve poter rivendicare la sua autonomia anche di fronte alle discipline storiografiche, alle quali la riavvicinano le sue indagini più recenti. A stabilire tra sociologia e storiografia una distinzione che renda giustizia alla relativa autonomia di questi indirizzi d'indagine e non metta capo ad un'alternativa di esclusione dell'una a vantaggio dell'altra, è opportuno richiamare qualche tratto fondamentale del sapere storico.
Il sapere storico e, in ogni caso, un'indagine individuante. Non si contesta, qui, che possano essere, e siano, adoperati nella ricerca storica strumenti o categorie che possano dirsi, in un senso qualsiasi, universali. S'intende solo riconoscere che, nonostante l'uso di tali strumenti o categorie, o anzi appunto in virtù di esso, la ricerca storica tende in ogni caso a caratterizzare l'individualità del suo oggetto. Quale che sia l'oggetto della ricerca storiografica - età o periodo, istituzione o personalità, o semplice catena di eventi, come per esempio una guerra - ciò che la ricerca storica tende a ricostruire è, in ogni caso, un'individualità che ha caratteri propri, non riducibili a quelli di altri oggetti similari od analoghi. Questo tratto fondamentale della ricerca storiografica non è accidentale: esso le deriva dagli stessi metodi e strumenti di cui si avvale e che conferiscono validità ai suoi risultati. L'uso indispensabile delle fonti di tradizione e di avanzo, i criteri metodici per l'accertamento della loro autenticità e per la loro interpretazione, le garanzie critiche che ogni ricostruzione storica deve intrinsecamente offrire, presentandosi in accordo con tutti gli elementi conosciuti e autentificati, rivelano, nella loro stessa natura, l'intenzionalità individualizzatrice della ricerca. Rispetto alla quale, l'oggetto che non ha ancora rivelato il suo volto particolare e proprio, non è un oggetto storico; là dove la ricostruzione storica può dirsi riuscita solo quando quel volto si presenta vivo ed evidente, in modo che i suoi tratti propri possano essere sempre daccapo riconosciuti e distinti nei confronti di qualsiasi altro. Perciò ogni evento autenticamente storico (cioè: sufficientemente ricostruibile da un'indagine adeguata) è unico e irrepetibile. E il detto comune "la storia non si ripete" non fa che esprimere il tratto essenziale che la stessa metodologia storica esige dai suoi oggetti e garantisce in essi.
Come indagine individuante, la ricerca storica si trova ad ogni passo di fronte al problema di scegliere l'oggetto individuabile e i tratti che lo individuano. La scelta è ineliminabile dall'attività storiografica. Da un lato essa circoscrive, nella infinita congerie possibile dei fatti umani, il campo ristretto dell'interesse storico cioè dei fatti, a qualsiasi titolo, significanti; dall'altro lato essa agisce continuamente, in questa stessa cerchia ristretta, alla scoperta degli oggetti individuabili e dei tratti individuanti. Non sta contro il carattere essenziale della scelta storiografica quella che Nietzsche chiamò "storia archeologica" e che consiste nell'esigenza della conservazione riverente del passato. Questa esigenza non implica che tutti i fatti o residui del passato abbiano uguale valore storico, cioè uguale rilievo e significato. Si tratta invece di una esigenza che nasce dall'opera distruttrice del tempo e dalle difficoltà, in cui l'uomo si trova, di sottrarre a questa distruzione pezzi e frammenti del suo passato. La storia archeologica non avrebbe senso se il passato si conservasse integralmente e si continuasse con ogni garanzia nel presente. La sollecitudine rispettosa per il passato, che è l'atteggiamento proprio della storia archeologica, implica: 1) la possibilità che gli scarsi resti del passato vadano perduti; 2) la possibilità che ognuno di questi resti possa, da un momento all'altro, anche se non appare nel presente, rivelarsi significante. La storia archeologica non dimostra quindi l'eguale storicità di tutti gli eventi, ma ha lo scopo essenziale di conservare il materiale indispensabile della scelta storiografica e di garantire cosi a questa scelta la varietà e la ricchezza delle sue possibilità: la sua intrinseca libertà.
Non è qui possibile intrattenersi sulle modalità della scelta storiografica, le quali costituiscono il problema più importante, e più difficile, della metodologia storica. Basti qui riconoscere che l'esigenza della scelta storiografica e il carattere individuale dell'oggetto si richiamano e si connettono l'una con l'altro e cosi delimitano esattamente la sfera propria dell'indagine storiografica. Ma così delimitata, questa sfera lascia fuori di sé quello che abbiamo riconosciuto come l'oggetto proprio della sociologia: l'atteggiamento, nel suo carattere sempre tendenzialmente istituzionale, cioè ripetibile e ricorrente. E' evidente che l'aspetto propriamente storico non esaurisce la storicità fondamentale dell'uomo: è evidente cioè che, nel suo proprio passato, l'uomo può scorgere non solo eventi che, per un motivo qualsiasi, costituiscono una data della sua vita, cioè una svolta o un caposaldo importante di essa, ma anche eventi minuti, singolarmente insignificanti, ma che nel loro insieme costituiscono la trama della vita di ogni giorno. Gli uomini nascono, muoiono, lavorano, si sposano, hanno figli, praticano culti e riti, ecc.: ma raramente tutte queste cose hanno un valore storico. Il più delle volte accadono secondo un modo d'essere comune ed abituale e non hanno rilievo né importanza speciale nei confronti di questo stesso modo d'essere. Esse accadono secondo progetti indefinitamente ripetibili, che costituiscono atteggiamenti o istituzioni, validi, come tali, non nella loro singolarità ma appunto e solo per la loro ripetibilità e ricorrenza. Atteggiamenti ed istituzioni potranno poi essere considerati e studiati in una cerchia ristretta, localmente e cronologicamente determinata, o in una cerchia più ampia e magari estesissima. Ma in ogni caso saranno considerati e studiati dall'indagine sociologica, come atteggiamenti ed istituzioni, cioè nella loro possibilità di ripetizione.
La delimitazione di due sfere d'indagine, quella storiografica e quella sociologica, non implica nessuna dualità né metafisica né gnoseologica. Non si tratta di due realtà diverse e neppure di due conoscenze diverse della stessa realtà. Per esempio, il matrimonio di due monarchi, che ha mutato per un certo periodo la storia di due paesi, è un fatto storico, che la storiografia ricostruisce nei suoi motivi e nelle sue conseguenze. Ma esso è anche per il sociologo un caso particolare (e per nulla privilegiato) di un certo tipo di matrimonio, cioè di uno schema o progetto indefinitamente ripetibile. Non si tratta qui della differenza tra due modi o forme del conoscere: l'oggetto stesso è diverso nei due casi, giacché l'oggetto della storiografia è quell'evento singolo da ricostruire nella sua individualità e l'oggetto della sociologia è invece un atteggiamento ripetibile da riconoscere nella sua ripetibilità. Si tratta quindi, non già di un dualismo di realtà o di forme conoscitive, ma di due oggetti possibili di ricerca, ognuno dei quali esige l'impiego di particolari strumenti e di linguaggi appropriati.
Certamente la distinzione ora delineata delle due sfere d'indagine non implica la loro separazione. Gli eventi ripetibili, di cui è tessuta la vita di ogni giorno, costituiscono il canovaccio grigio sui quali vengono ricamati i vividi colori della storia. Senza questo canovaccio, la storia stessa non ci sarebbe: giacché un evento storico, cioè tale che se ne può intendere e valutare l'importanza come qualcosa di unico e di irrepetibile, deve questa importanza alla sua capacità di introdurre mutamenti più o meno radicali nella trama ordinaria della vita. Solo sullo sfondo di questa trama è possibile porre in risalto la storicità di un evento. Tuttavia, per lo storico, questo sfondo non esiste: praticamente, egli non se ne occupa. Il metodo stesso della sua ricerca lo porta a concentrare i raggi della sua lente su ciò che è significativo, unico, irrepetibile, Quello sfondo è invece l'oggetto proprio della considerazione sociologica.
S'intende subito da ciò come non sia possibile contrapporre tra loro storiografia e sociologia e considerarle come due alternative escludentisi, tra le quali si debba scegliere. Esse sono due discipline complementari perché illustrano due aspetti complementari della fondamentale storicità umana.
La storia mira a cogliere e a ricostruire quegli eventi che, sotto un qualsiasi aspetto, sono significativi per la vita umana, cioè costituiscono la possibilità di nuovi indirizzi, orientamenti o sviluppi (in meglio o in peggio) della vita stessa. La sociologia mira a cogliere gli aspetti della vita umana per cui essa si presenta, nel suo complesso, come un insieme di uniformità relative, quindi di ripetizioni possibili, che sono importanti nel loro complesso e non una per una; e tende anzi a risolvere l'evento individuale e propriamente storico nella trama dei rapporti minuti che si ripetono quotidianamente. Il sacrificio di uno di questi indirizzi a vantaggio dell'altro non è quindi che un impoverimento della cultura e l'accentuazione unilaterale di un aspetto parziale della storicità umana. Entrambi vanno coltivati e sviluppati, senza antagonismi o polemiche inutili. E la delineazione esatta della loro sfera rispettiva è, a questo scopo, indispensabile. Questa delineazione vale indubbiamente anche come determinazione critica della possibilità della sociologia. E per essa, la sociologia si presenta come la disciplina più adatta a gettare un ponte fra le discipline umanistiche e le scienze naturali e quindi a eliminare un fittizio ma doloroso contrasto del mondo contemporaneo.

Da: N. Abbagnano, Problemi di sociologia, pp. 26-30, Taylor Editore, Torino, 1959.