filosofo del '900
in "Avvenire", X, 46, 25 Febbraio 1999, p.21 - 1999
Ma Abbagnano incontrò Dio al tramonto
La "Rivista di filosofia" accusa i cattolici: vogliono annettersi il pensatore esistenzialista
La replica
Negli ultimi anni di vita la ricerca della trascendenza
Nell'ultimo numero della “Rivista di filosofia” (dicembre 1999), diretta dal filosofo Pietro Rossi, è comparsa una breve nota firmata P.R., concernente il volume Nicola Abbagnano. L'uomo e il filosofo (Edizioni Tigullio, Santa Margherita Ligure), che raccoglie le relazioni svolte al convegno sammargheritese sul pensatore salernitano, tenutosi alla fine di marzo del 1996. L'autore della nota (facilmente identificabile con lo stesso direttore Pietro Rossi) vede, nella relazione da me presentata a tale convegno (dal titolo "Dio e la religione in Abbagnano"), un "documento" del "maldestro tentativo di "appropriazione" da parte cattolica del pensiero di Abbagnano e punta il dito contro la "luce falsificante" di esso. In realtà io non ho presentato affatto il vecchio Abbagnano come un filosofo cattolico (pur tenendo ben presente e rispettando la fiduciosa e confortante "vicinanza" che egli, pienamente consapevole, volle stabilire nell'ultimo giorno della sua vita con la Chiesa cattolica, degnamente rappresentata al suo capezzale da monsignor Erminio De Scalzi). Per contro, ho evidenziato in lui, a partire dagli ultimi anni Settanta, l'apertura alla trascendenza, apertura dichiaratamente problematica e congetturale e tuttavia non pigramente e disfattisticamente congetturale (e quasi vergognosa di sé al cospetto di una Ragione presuntamente assoluta e meta-argomentativa) ma bensì impegnata e "speranzosa" come ricerca. A una trascendenza appunto ipotizzata come Mistero effettivamente incombente che "si nasconde anche nel sapere più certo" e che anzi sempre più si impone e "si accresce" con i nuovi problemi aperti - e talvolta lasciati lungamente o addirittura per sempre aperti - dalla crescita di questo stesso sapere. E, invero, non ho sottolineato, come pure avrei potuto e dovuto, le sembianze inconfondibilmente cristiane del Dio "eventuale" del filosofo salernitano (dovrebbe essere chiaro peraltro, anche per Pietro Rossi, che questa stessa doverosa iniziativa non avrebbe implicato, in nessun modo, la "appropriazione cattolica" del nostro Maestro). Inoltre ho precisato che la riflessione religiosa dell'ultimo Abbagnano "non è qualcosa di già articolato e integrato" nelle sue istanze fondamentali. Insomma ho dovuto riconoscere, per dirla con Giovanni Giraldi, che ad Abbagnano, "scopritore di Dio nell'ora del tramonto... è venuto a mancare il lungo giorno necessario a dipanare (aggiungo per conto mio: in parte) i fili della complessa trama nella quale tutti siamo trattenuti e impegnati". Pietro Rossi, che avrebbe ben potuto riconoscere, come hanno fatto altri autori, che c'è un ultimo Abbagnano per prendere ben presto le distanze da lui, si fa avanti, invece, con una convinzione "estrema", gravida di quello enthusiasm che gli illuministi (e neoilluministi!) giustamente detestano: sostiene che, con la tesi di un ultimo Abbagnano (aperto alla trascendenza), metteremmo in non cale quello esistenzialista e neoilluminista e anzi ne falsificheremmo il pensiero. Insomma, se c'è quest'ultimo Abbagnano, non c'è e non può esserci l'altro. Sembra quasi che il vecchio Maestro, che era ancora ben capace di pensare e di rischiare, avrebbe dovuto chiedere il permesso e la benedizione dell'allievo prima di fare i conti con Dio imboccando nuovi e difficili sentieri. Un magnifico esempio di ciò che oggi è chiamato "dietrologia" ci è dato poi da Pietro Rossi quando egli, invece di fare i conti col preciso dettato della mia "incriminata" relazione, fa maliziosamente presente che l' ”Avvenire” pubblicò "in anteprima" il testo di essa. Per quanto concerne la denunzia della presunta "appropriazione" di Abbagnano da parte cattolica mi limito alla seguente considerazione: la Chiesa conciliare e postconciliare, incontrata dall'Abbagnano "milanese" (penso soprattutto al cardinale Martini, che fu suo amico ed estimatore, e allo stesso monsignor De Scalzi) è del tutto aliena dal congegnare certi tentativi di "appropriazione".
Giovanni De Crescenzo
In: "Avvenire", 25 Febbraio 1999