filosofo del '900
in "Il Messaggero", 4 Ottobre 2001 - 2001
Abbagnano, il neoilluminista
Per quarant’anni, dal 1936 al 1976, Nicola Abbagnano fu professore di Storia della filosofia all’Università di Torino. Tra i suoi discepoli e successori, si distinguono Pietro Rossi e Carlo Augusto Viano. A costoro l’Editrice Utet ha ora affidato le pagine introduttive di un’ampia raccolta, divisa in sei sezioni, degli Scritti neoilluministici che Abbagnano andò pubblicando, tra il 1948 e il 1965, su vari argomenti. Si tratta di ’’poli’’ intorno ai quali continua a svilupparsi un dibattito inesausto. Essi spaziano dai nessi filosofia-scienza, filosofia-sociologia, filosofia-storiografia, ai problemi dell’educazione e della comunicazione; dall’analisi dei concetti di ’’possibilità’’ e ’’libertà’’ all’approfondimento dei rapporti tra ’’ragione’’ e ’’tecnica’’. Il volume esce in occasione del centenario della nascita di Abbagnano. Il cui impegno intellettuale sarà rivisitato (a partire da oggi e fino a sabato) in quella stessa Università dove il filosofo trascorse i suoi anni di insegnamento, da un gruppo di studiosi (Bobbio, Eco, Ferrarotti, Gregory, Veca, Visalberghi, Zanone). Allievo di Antonio Aliotta, un deciso avversario dell’idealismo, Abbagnano era arrivato a Torino da Napoli, dove si era laureato con una tesi, Le sorgenti irrazionali del pensiero (1923), rivelandosi, a soli ventidue anni, come una voce già matura nell’ambito della filosofia nazionale. Nel capoluogo piemontese frequentò il ’’salotto’’ del gobettiano Casorati, conobbe Cesare Pavese ed elaborò i temi principali della sua speculazione filosofica. Alle soglie della Seconda guerra mondiale, pubblicò il primo libro dell’esistenzialismo italiano, La struttura dell’esistenza (1939), in cui, confrontandosi con la metafisica occidentale (da Platone a Kant) e con i suoi esiti nella filosofia di Heidegger e di Jaspers, sottolineò ciò che all’epoca andava estendendosi in altri paesi europei: ossia la concezione della priorità dell’esistenza, intesa quale ’’sforzo verso l’essere’’, ’’scelta fra possibilità diverse’’, ’’responsabilità’’, ’’conquista della dignità’’. Ponendo in risalto il carattere di progettualità e di storicità dell’agire umano, Abbagnano sviluppò un concetto attivo di esistenzialismo. Si allontanò dunque dai risultati tragico-nichilistici della riflessione heideggeriana e rivalutò, invece, un pensiero dotato di ’’valenza strategica’’, la forma normativa di un dinamico ’’dover essere’’. L’anno di uscita del suo Esistenzialismo positivo (1948) coincise, per altro, con la pubblicazione di un saggio sulla ’’dottrina dell’esperienza’’ del pragmatico John Dewey, nel quale gli assunti a carattere esistenzialistico, uniti ad analisi empiriche sulla metodologia delle scienze, finivano per convergere nella definizione di un nuovo illuminismo. E’ ciò che Rossi e Viano, nella loro stimolante introduzione a questi scritti riproposti dalla Utet, non esitano a chiamare ’’la svolta’’. Leggiamo: «Se l’Abbagnano anteguerra, nella Struttura dell’esistenza, dimostrava di conoscere a fondo Heidegger e la Philosophie di Karl Jaspers, se - per così dire - pensava ’’in tedesco’’, l’Abbagnano post-bellico si avviò piuttosto a pensare ’’in inglese’’. La filosofia anglosassone, assai più quella statunitense che non quella della tradizione oxoniense, diventò il nuovo termine di riferimento del suo pensiero». Contrapposto tanto all’idealismo quanto al marxismo (allora dominanti sulle cattedre di filosofia), il neoilluminismo di Abbagnano, pur insistendo sulla funzione liberatrice della ragione, non attribuì a quest’ultima l’allure trionfalistica in auge nella cultura settecentesca. Esso implicava l’accettazione della problematicità insita nella vita, negli esseri, nel mondo, e un’attenta disamina delle alternative concettuali - da tradurre in azioni o comportamenti pratici - che la filosofia, considerata secondo il suo duplice etimo, pone a ciascuno di noi. In tal senso, nonché grazie alle numerose riedizioni della Storia della filosofia (diffusa nei Licei) e del Dizionario di filosofia di Abbagnano, il patrimonio lasciatoci da questo pensatore non è andato disperso.
Giuseppe Saltini
In: "Il Messaggero", 4 Ottobre 2001