filosofo del '900
in "Libero", 29 Gennaio 2009 - 2009
NICOLA ABBAGNANO, GIOVANE MA DECISO A CONTESTARE CROCE
Torna in libreria il primo saggio del grande filosofo.
Già pronto a battersi contro il gigante dell’idealismo
In questa nostra società intrisa di pragmatismo, dominata da scetticismo, nella quale l’attività pratica, che agisce direttamente sulla realtà, ha la preminenza sulle attività speculative, sembra emergere il bisogno di principi cui ispirare la vita. Da qui la riscoperta di filosofi contemporanei, di padri del pensiero, per farne colonne della civiltà del nostro tempo. Si va da Croce a Bobbio, fino a quelli più vicini, viventi, come Antiseri, Cacciari, Bodei, Severino, per rimanere nell’ambito italiano.
Qui io voglio ricordare Nicola Abbagnano, grande filosofo del Novecento, L’occasione la offre la riedizione (ottobre 2008) del suo primo scritto filosofico, Le sorgenti irrazionali del pensiero, pubblicato a Napoli nel 1923. La riedizione, per i tipi delle Edizioni Marte di Salerno, è merito di due giovani studiosi, Anna Donise e Giuseppe Cantillo con il contributo dell’Università Federico II di Napoli e dell’Assessorato alla cultura della provincia di Salerno.
Deceduto nel 1990 a Milano, dove si era trasferito da Torino nel 1972, Abbagnano è certamente il filosofo liberale più moderno del Novecento. Autore di una Storia della filosofia monumentale è stato, so può dire, lo chaperon di generazioni che nelle sue pagine hanno scoperto il fascino della cultura e degli ideali.
Lo conobbi nel 1974 e fu Montanelli a presentarmelo in una delle prime riunioni della pattuglia di giornalisti e intellettuali che fondarono “Il Giornale”. Senza accenti retorici, che non facevano parte del suo costume e stile, così spiegò la sua partecipazione: “ Non voglio mancare all’avventura di libertà insieme con Montanelli”. Da anni, dai tempi dell’università, mi affascinava il suo pensiero. In qualche modo la sua Storia della filosofia aveva accompagnato la mia preparazione culturale.
A Milano negli anni Ottanta avevo dato vita, con amici liberali, all’Associazione per il rinnovamento Democratico e Liberale (Ardel), che nel marzo del 1985 promosse un seminario di studi per giovani, che si tenne a Spoleto. Ne nacquero un Manifesto liberale, che Abbagnano volle firmare per primo, e un periodico, “Il Nuovo”, che pubblicò una intervista con il filosofo dal titolo “Marx è morto, le libertà sono vive”. C’è una battuta di Abbagnano in quell’intervista che merita d’essere citata perché compendia perfettamente la personalità del grande intellettuale: “Dire sempre la verità, sia nella sfera individuale , sia in quella sociale, senza illusioni, con sincero atteggiamento di ricerca”.
Egli non si atteggiava mai né a profeta, né a ideologo. La sua vita, il suo pensiero, tutta la sua ricerca critica sono contraddistinti da una originalità assoluta, senza tributi o appiattimenti, sempre teso al rigore degli studi. Mi disse in una conversazione: “ Ho sempre seguito la mia strada con coerenza, e questo mi basta”. Fu lontano da mode ed egemonie. “Il filosofo - ecco un’altra sua esemplare affermazione – non è uno che insegna la verità, come pretendeva Hegel. Il vero filosofo è quello dell’antica Grecia. Un uomo che si pone degli interrogativi e tenta di dare risposte ai grandi perché della vita”.
Già nel suo primo scritto filosofico, Le sorgenti irrazionali del pensiero, egli dimostrò indipendenza e originalità di idee. Il suo maestro all’Università di Napoli era stato Antonio Aliotta, che allora era l’unica voce di controcanto all’egemonia crociana. Nel mondo accademico del tempo erano due i principali indirizzi filosofici: il neohegelismo di Croce e Spaventa e l’evoluzionismo dell’americano William James e del francese Henri Bergson.
Il giovane Abbagnano seguiva le lezioni di tutti, leggeva testi nelle lingue originali, ma il suo pensiero non si fece mai condizionare. Ne è una prova quel suo scritto (Le sorgenti, appunto) che ebbe la prefazione del suo maestro Aliotta con queste parole: “La tesi di Abbagnano è un po’
diversa da quello che io sostengo; e questa indipendenza di critica e di giudizio fa onore a lui e a me che non amo essere un allevatore di pappagalli”. Della stima che Abbagnano si conquistò nel mondo intellettuale è prova, tra l’altro, quel che scrisse Bobbio, pensatore certamente di scuola diversa (parlava della Struttura dell’esistenza che è del 1939): “Fra le opere di rottura fu certamente la più sconvolgente. Non assomigliava a nessuna delle opere filosofiche che si erano andate scrivendo in quegli anni… Fu una sorpresa, forse la più grossa sorpresa di quegli anni…a me e a tanti altri apparve come una meteora piovuta dal cielo”.
Un giovane studioso napoletano, Silvio Paolini Merlo, a proposito de Le sorgenti annota che quel saggio del 1923 è “un primo importantissimo atto di accusa sferrato al neoidealismo italiano…non dedica al pensiero crociano neppure una pagina…non troviamo Croce ma al suo posto le lunghe disamine di Kant”. In quel testo ci sono già le basi della sua filosofia liberale, la filosofia dell’esistenza, diretta a interpretare e definire i modi del conoscere e dell’agire umano nell’ambito del divenire storico. Innovazione e modernità caratterizzano il pensiero del filosofo salernitano.
Egidio Sterpa
In: “Libero”, p. 29, 29 gennaio 2009