filosofo del '900
Cent'anni fa, il 15 luglio 1901, nasceva a Salerno Nicola Abbagnano, scomparso nel settembre del 1990. Egli ha legato il suo nome a due opere molto fortunate, una grande Storia della filosofia, pubblicata dal 1946 al 1950, e un Dizionario di filosofia, uscito nel 1961. Abbagnano aveva studiato a Napoli con Antonio Aliotta, dal quale aveva ereditato l'interesse per i rapporti tra filosofia e scienza, un tema che non gli avrebbe procurato molta popolarità nell'Italia dominata dalla filosofia idealistica. Nei Ricordi di un filosofo, la sua ultima opera, uscita nel 1990, Abbagnano avrebbe indicato nell'opposizione alla filosofia crociana un motivo costante della sua vicenda filosofica. Infatti, egli elaborava una filosofia che m, a differenza di quella idealistica, non aveva nessun legame con la cultura storica e letteraria ereditata dall'Italia risorgimentale, e guardava piuttosto alla filosofia contemporanea europea e americana. Russell, Husserl, Einstein, i fondatori della meccanica quantistica, la nuova epistemologia erano i suoi termini di riferimento.
Trasferitosi a Torino, nel 1939 Abbagnano diede inizio all'esistenzialismo italiano, pubblicando La struttura dell'esistenza. Fino ad allora in Italia si erano scritte opere di commento all'esistenzialismo, guardato con diffidenza o utilizzato per ricavarne una filosofia religiosa, buona parte per depurare l'idealismo nostrano dallo spirito laico che aveva ereditato dalla tradizione liberale. Abbagnano elaborò invece una versione originale di esistenzialismo e cercò strade diverse da quelle battute da Heidegger e da Jaspers, dei quali non condivideva il rifiuto della scienza e della tecnica, né l'antimodernità: per questo chiamava il proprio esistenzialismo positivo ed evitava i temi cupi dello scacco e della morte, propri dell'esistenzialismo tedesco. L'esistenza era per lui non il teatro dei fallimenti umani o il luogo in cui si smarriva il senso dell'essere, ma il mondo in cui gli uomini operano e in cui si esplicano le tecniche che essi inventano e usano. Dell'esistenzialismo Abbagnano sviluppava il tema della fedeltà a una scelta: la libertà umana non è arbitrio o indeterminazione, ma la realizzazione costante di una scelta.
Tra il 1939 e il 1943 l'esistenzialismo diventò un tema centrale nella filosofia italiana e "Primato", la rivista della fronda fascista protetta da Bottai, aprì un dibattito sulle posizioni di Abbagnano. Anche l'esistenzialismo positivo rifletté, nonostante tutto, gli anni cupi della Seconda guerra mondiale e, dopo la guerra, Abbagnano abbandonò il riferimento all'esistenzialismo e avviò con Norberto Bobbio il neoilluminismo: ancora una volta la ripresa di temi illuministici si poneva in contrasto con l'hegelismo dominante nella cultura italiana. Con questa scelta Abbagnano intendeva anche resistere al progetto clericale di controllare la cultura nazionale e alle ideologie che, come quella marxista, si fondavano su interpretazioni ambiziose e arbitrarie del corso della storia. Così negli anni Cinquanta e Sessanta Abbagnano svolse un'opera intensa di difesa dell'indipendenza della cultura, convinto che la filosofia fosse un'attività da esercitare in modo professionale e non dovesse diventare apologetica religiosa, esercizio ideologico o divagazione saggistica.
I personaggi che parlano attraverso i libri trasmettono anche lasciti minori, contenuti nelle loro conversazioni, tracce che purtroppo si perdono con la scomparsa di chi le ha udite. Chi è stato vicino ad Abbagnano lo ha sentito dire con orgoglio di aver costruito la propria filosofia senza ricorrere mai alle nozioni di spirito e di coscienza, e di aver cercato soltanto le strutture dei concetti, che "sono più dure dell'acciaio". Di queste massime c'è da aver nostalgia oggi, circondati da filosofi intenti a spalmare strati di spirito sulla materia che gli scienziati cercano di capire, e a commuovere e coinvolgere più che aiutare a capire.
CARLO AUGUSTO VIANO
In: "Corriere della Sera", 15 luglio 2001